Smartphone, chat di servizio su piattaforme espressamente vietate, spikad e pressioni fuori orario trasformano il tempo libero in un’estensione non riconosciuta del lavoro. USAMI lancia l’allarme: senza regole chiare, si sta erodendo silenziosamente i diritti, il benessere e la dignità del personale in divisa.

Nel lavoro militare, la linea tra vita professionale e tempo libero si sta assottigliando sempre più. Smartphone, chat di servizio e nuove tecnologie rendono molti militari reperibili in ogni momento, spesso senza un riconoscimento formale o economico. Questa condizione, non regolamentata, sta alterando profondamente il modo di vivere il servizio, la famiglia e il riposo. USAMI denuncia questa “connessione forzata” come una nuova forma di pressione, esercitata fuori dalle norme e a volte contraddicendo le norme di sicurezza, una per tutta l’uso, espressamente vietato di WhatsApp, e puntualmente usato per… I rischi, oltre a quella della sicurezza delle installazioni, è che il tempo libero, già limitato, venga eroso da messaggi, chiamate e richieste fuori orario. Una chiamata durante il pranzo, un messaggio serale o un impegno improvviso finiscono per compromettere il delicato equilibrio tra doveri e diritti, e a rimetterci non è solo il militare coinvolto, ma l’intera famiglia.

La reperibilità è un istituto regolato: deve essere formalizzata, circoscritta nel tempo e riconosciuta anche economicamente. Troppo spesso, invece, si assiste a pratiche informali che impongono al militare di restare sempre raggiungibile, senza tutela o compenso. Questo va contro il principio secondo cui il tempo libero è essenziale per il recupero psicofisico e la vita privata. USAMI si oppone a questa deriva e chiede che anche in ambito militare venga riconosciuto il diritto alla disconnessione, già previsto in altri settori pubblici. Non sono mai state avviate iniziative per regolamentare l’uso delle chat di servizio e stabilire confini chiari tra lavoro e vita privata. La tecnologia deve migliorare il lavoro, non invadere ogni spazio personale. Anche i militari e le loro famiglie hanno diritto a staccare e a vivere

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